venerdì 18 luglio 2014

Cento anni fa ...

Oggi due righe su un grande della storia italiana.
Uno di quei GRANDI davvero e mica di quei grandi caproni di cui ogni tanto ne scrivo qua le improponibili gesta.

Il GRANDE che intendo è Gino Bartali che inconsapevolmente ha dato il nome a questo blog e che nacque proprio 100 anni fa: il 18 luglio 1914.

Un secolo esatto da quando una giovane donna di Ponte a Ema, praticamente Firenze, partorì senza osarlo immaginare un'icona grandiosa del secolo scorso.
E che diventato uomo avrebbe impiegato il suo tempo nel modo migliore possibile, come sarebbe piaciuto al suo Dio e pure a Seneca, il filosofo della vita misurata in opere, non in minuti di vana, finta e inutile gloria.

Per diventare poi quel nonno mitologico e amatissimo, il giovane uomo che l'ha preceduto s'è dato un gran da fare.
Certo con imprese da campione.
Ma non solo.
Non sarebbero bastate.
Gino Bartali è riuscito ad essere ben altro: un vero esempio di grandezza, partendo dalla semplicità più scarna e più francescana.

E con Coppi fu l'altra metà semplice della mela.
L'altro era complesso, macerato, contorto: lui lineare e tutto d'un pezzo.
Semplice senza paura di essere anche sempliciotto.
Ma dannatamente convinto, dannatamente tenace, dannatamente pronto a ripartire dopo ogni batosta.
Perché Gino credeva in Dio, nella Madonna, nei santi e nelle pregheire.
Era così.
E dandogli del bacchettone capitava regolarmente che mandasse tutti a quel paese, perché la sua fede non sapeva solo di cera e d'incenso, ma di fatti e opere vere.

Certo, la spola tra Firenze e Assisi con le lettere arrotolate nel telaio per salvare gli ebrei, pedalate che più del Tour gli sono valse l'albero dei Giusti a tanti anni di distanza.
Ma non solo questi eroismi.
Gino era devoto alla famiglia, era devoto a quell'Azione cattolica, era devoto all'amatissima Patria.
Era il simbolo di un italiano particolare, razza poi in velocissima estinzione, fino ai livelli odierni da riserva protetta del Wwf: era l'italiano che crede in pochi valori, elementari e grezzi sin che si vuole, ma grezzo come può esserlo un diamante.

I valori del dovere civile, della serietà, del lavoro, del rigore morale.
Dall'altra parte lo guardavano di sbieco, lo irridevano perché non si fosse messo la tonaca, lo sospettavano d'essere al soldo dell'America o almeno del padronato, ma pure loro quando se lo vedevano al Musichiere, cantando sgangherato con il più sgangherato Fausto, non potevano negargli la virtù immensa di una grandiosa carica interiore, quella che universalmente, in ogni tempo, nobilitiamo con il nome di umanità.

Chiedi chi erano i Beatles, cantiamo ogni tanto ai nostri ragazzi.
Vorremmo sapessero di un'altra epoca e di un altro mondo.
Ci piacerebbe chiedessero di Kennedy e del “Che”, di Woodstock e di Bob Dylan.
Eppure non sarebbe male che ogni tanto noi e loro, noi padri di oggi e loro figli di oggi, guardassimo anche all'Italia di Coppi & Bartali.
Per sapere che certo non potrà mai più tornare.
Ma più ancora per convincerci della legge intramontabile che l'ha animata e così dolcemente abbellita: niente e impossibile a chi crede, a chi ha qualcosa di buono dentro, come Gino.





Di Cristiano Gatti e poco di me

5 commenti:

  1. @Luciano

    Certo che gli assomigli molto molto molto.

    E non solo per il nome di questo blog.

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  2. Forse solo nel fatto che mi guardano di sbieco, che mi prendono in giro (irridere) e che sono sgangherato.

    :)

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  3. @Luciano

    I nomi di Coppi e Bartali dovrebbero essere incisi nella segnaletica stradale di ogni città in cui sono passati in sella alle loro biciclette, cioè in tutta Italia, affinché i nostri giovani possano prendere stimolo dai loro sudati e meritatissimi successi...

    ...e cancellare quello di ogni uomo o donna (o altro) politico da trent'anni e più a 'sta parte...

    ^_^

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  4. @Jennaro

    d'accordo su entrambe le tue proposte.

    :)

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