martedì 30 ottobre 2012

Quel paesino in Liguria sopra Cervo


Se fai l’autostrada dei fiori deve uscire a Cervo e poi giri a sinistra, altrimenti se ci vai dall'Aurelia, devi giungere fino a San Bartolomeo al Mare, poi chiedi e arrangiati un po'.
Di cartelli stradali ce n’è in quantità e per arrivarci non devi far altro che cercare quello che indica Deglio Faraldi.
Però a volte se non c'è vento, ma non è che da queste parti ce ne sia di quel tanto, t’è sufficiente seguire il profumo dell’antico, quello dei tempi passati che qui staziona e c'abita ancora, mentre dopo sette chilometri di una bellezza e della tranquillità eccezionalmente rara, ecco ci sei, sei arrivato alla meta.
Deglio Faraldi, come già detto, mantiene ancora i profumi di un tempo e le case sono le stesse del secolo scorso.
Hei un momento, non far correre la mente troppo velocemente; le case sono si quelle degli anni passati, ma sono state completamente rinnovate mantenendo però lo stesso paesaggio di ieri, mentre le pietre sono le stesse di prima, e vale a dire quelle che mani sapienti hanno scalpellato con genuina maestria.
Niente è mutato, manco la gente, che t’accoglie col sorriso migliore mentre con fare manuale ti saluta e ti benedice.
In tutto sono circa quaranta/cinquanta casette che messe a schiera fanno il contorno alla via centrale del paese.
Non una strada con anda e rianda veicolare, poiché quella passa all’esterno del bel paesino, mentre quella posta al centro è un ciottolame tenuto alla moda che gli avi facevano oltre e oltre cent’anni fa.
Il “caruggio” lungo lungo non supera mai i tre metri di larghezza se non quando all'improvviso l'anfratto s'allarga in dolci piazzuole con immagini da mozzafiato.
E lì ci puoi trovare le vecchie fontanelle (ancora in uso e veramente perfette) che servivano per abbeverare i muli, le vacche e i viandanti che si volevano e si vogliono ancor dissetare.
L’acqua è fresca, sa di buono ed è filtrata a caduta dal monte soprastante.
Al fine (in cima) di Deglio Faraldi c’è la piazza della chiesa, dove i rintocchi che regala il vecchio cappellano danno ancora il rumore che fu.
Un gran cavolo di pace e ti sembra d’essere a due passi dal cielo, che se allunghi la mano quasi quasi lo tocchi.
Due curve sopra, una volta, finiva la strada, proprio davanti alla locanda “Ai Torki”, dove tra melodie sopraffine di fisarmoniche antiche trovano spazio e sazietà anche gli stomaci più ampi.
I cibi sono pochi ma dettati dal fare dei nonni, e se qualcuno non ti desta dai sogni, ci dai fino a strafogare in quell’unto squisito che sa d’aglio, rosmarino, pomidoro e le olive locali più buone del mondo.
E se poi non ti basta (ma t’è sufficiente) c’è sempre qualcosa di più; di quel più che solo agli angeli del cielo è dato o concesso d’avere.
Da alcuni anni hanno ripristinato una strada che porta in su fino ad un prato, un’enorme prato pianeggiante grande più di tre campi di calcio (u prou de Cuppetta), e al bordo di questo hanno appena costruito un albergo con tutti i comodacci che si può preferire o anche proferire.
Da lì puoi vedere il mare e il corollario che lo circonda da tre lati degli Appennini non permettono ai venti freddi nessuna dimora.
Ed è un posto che neanche t'immagini pur usando la fantasia migliore.
D’inverno ci vanno a svernare i “bauscia” o altra gente di tutte le razze, mentre d’estate si riempie di famiglie in cerca di pace e di tranquillità.
100 stanze e niente di più, ma costruite in perfetta simmetria con il paesaggio che quasi non t’accorgi che l’albergo c’è, e il costruttore s’è fatto carico di ripristinare la strada che ti porta in quel paradiso.
In fin dei conti il Comune non c’ha speso ‘na grande cifra, e tutti in paese lavorano lassù … il che non è poco.

Il proprietario è un professionista, e non di quelli da un tanto al chilo che dicono di sapere già tutto, no; lui ci sa veramente fare e tutti i giorni se ne studia una per migliorare l'intero ambaradan.
Oramai è diventato un business e se Deglio Faraldi che nei decenni era passata dai 100 e più  abitanti ai soli 30, adesso è ritornata ai fasti di un tempo, anzi …
L’albergo dispone anche di una piccola infermeria e di un dottore della mutua, perché si sa che d’inverno con la gente anziana che risiede lì, ce n’è di sempre bisogno.
E questo è stato d’enorme aiuto anche ai paesi lì vicino.
Un dottore di quelli all’antica che non trovi più se non in questa bella parte del mondo.
Un momento, non è un ospizio, ci sono anche dei giovani di tutte l’età che dall’alba al tramonto scorazzano felici sui prati.
E poi c’è l’animazione che li tiene contenti, mentre i bambini raccolgono ancora le lucciole dentro dei barattoli di vetro.
Da qualche giorno ho sentito che dei benestanti stanno comprando dei terreni lassù per poter costruire la casa dei sogni e per i tempi futuri, ma il Comune sembra che … ma questa è un’altra storia che vi racconterò un'altra volta.
Peccato però che quello che v’ho narrato è verità fino alla locanda Ai Torki … poi da lì in su è solo il mio sogno, ma l'è un desiderio che vorrei vedere in qualsiasi posto dell'entroterra ligure.
E naturalmente non nella stessa maniera, ma con altre idee scaturite dai tre più grandi fattori attuali, e vale a dire; i giovani con le loro brillanti idee, l'industria che ci mette le palanche l'indubbio benessere attraverso l’indotto, ci fa pure uscire qualcosa per se stessa, e poi, dulcis o amaris in fundo, la politica, si ma solo quella politica che puoi definire corretta.
E chissà a volte i sogni s’avverano anche in questa vecchia Liguria ma fantastica come il più bel sogno del mondo.





lunedì 29 ottobre 2012

Rottamare i piccoli alberghi. La strana tesi del Ministero



Ecco cosa ho scritto sul tema in un mio libro di un paio di anni fa. "La proposta riecheggia un dibattito non nuovo nel settore, più precisamente datato anni ’90, quando un noto Istituto di Ricerca propose alla Regione Emilia Romagna di rottamare i piccoli alberghi[1].

Allora la proposta, rottamando gli hotel, intendeva trasformare radicalmente il sistema alberghiero della costa introducendo nuovi alberghi di almeno 100 camere, e intendeva così agevolare “la discesa in riviera di grandi catene”.
Più di recente, nel 2006, all’epoca del Governo Prodi la proposta è stata ripresa dall’allora Ministro Bersani. “Rottamare gli alberghi per il futuro del turismo” è il titolo di un articolo del Sole 24 Ore[2] nel quale si spiega che la proposta di Bersani aveva come obiettivo quello di innalzare la qualità dell’offerta turistica.

La proposta è stata successivamente ripresa dallo Studio Ambrosetti nel 2007 che la metteva tra le cinque proposte non più procrastinabili in una visione di strategia nazionale: oggi il sistema ricettivo italiano si presenta nel complesso con standard non in linea con le richieste del mercato. E’ necessario un generale ammodernamento e innalzamento qualitativo dell’offerta – una rottamazione – sostenuto anche attraverso specifiche agevolazioni e incentivi[3].

Nello specifico lo Studio Ambrosetti suggeriva una generale ristrutturazione delle strutture ricettive, sostenuta anche eventualmente da agevolazioni fiscali (sull’esempio della deducibilità per le ristrutturazione delle abitazioni) al fine di migliorare/ammodernare l’offerta complessiva aumentandone gli standard qualitativi e rendendoli più in linea con le richieste del mercato. Secondo alcune stime, la quota di alberghi che dovrebbe essere oggetto di ristrutturazione è di circa il 50% per ristrutturazioni profonde (es. rifacimento camere, ambienti comuni, ecc.) che sale fino al 90% per ristrutturazioni più leggere (es. interventi di restyling,ammodernamento strutture, ecc.)[4].

In quello stesso anno si stimava che nella sola Rimini gli alberghi da rottamare fossero 48[5].
L’idea della rottamazione dei piccoli alberghi benché criticata da più parti[6], come abbiamo già visto, ha continuato ad essere ripresa e riproposta, anche con alcune varianti.

[1] Il Resto del Carlino, 4 novembre 1998.
[2] “Affari e Finanza” del 23 10 2006.
[3] Sistema Turismo Italia, proposte per essere vincenti, Ambrosetti 2007.
[4] Rapporto Ambrosetti 2007.
[5] “Quando l’albergo va rottamato” il Ponte 18 novembre 2007.
[6] Rottamare i piccoli hotel: una sciocchezza, il Denaro (denaro.it) 15 febbraio 2007.

Nel libro sostenevo questa tesiQueste affermazioni affrontano una questione che è reale, ma la giudicano sulla base di non pochi pregiudizi
In Italia continua a resistere un vero e proprio pregiudizio, o quantomeno una “inerzia cognitiva” per usare una espressione di Ilvo Diamanti[1], per la quale molti addetti ai lavori ritengono che “piccolo” equivalga a “struttura non di qualità”, a “grande incompiuto”.
Si ritiene che piccoli e piccolissimi alberghi siano refrattari alla Qualità certificata, anche se vi sono casi di eccellenza che dimostrano il contrario[2].
Si sostiene che le imprese ospitali di dimensione ridotta siano una anomalia del sistema turistico italiano, anche se i dati non dicono assolutamente questo.
Tra i pregiudizi vi è anche l’idea che:
-       i mercati internazionali esigano solo standard internazionali, cioè esigano gli standard delle catene alberghiere,
-       i T.O. vogliano solo alberghi di grande dimensione con centinaia di camere.

Molti “esperti” considerano la grande dimensione come l’unica in grado di stare nel mercato
Tra le conseguenze di questa situazione abbiamo che:
a.       La formazione nel settore è in gran parte a misura dei grandi, ed i profili professionali proposti tendono alla iperspecializzazione,
b.      La letteratura e la manualistica suggeriscono ai gestori dei piccoli alberghi di ragionare “in grande”, di imitare i grandi complessi e di fare le cose che fanno i grandi (naturalmente in scala ridotta),
c.       Le normative non distinguono, e così chi ha meno di 20 camere deve realizzare adeguamenti previsti per chi ha oltre 100 camere; né esistono sistemi di classificazione su misura per le piccole dimensioni.

Certo non potevo prevedere che queste tesi finissero nel Piano strategico nazionale


[1] “Non è facile cambiare chiave di lettura” Ilvo Diamanti in “L’impresa forte” di Paolo Preti e Marina Puricelli, Egea 2007.
[2] cfr l’elaborato di Daniela Cini contenuto in questo volume, dove si cita il Consorzio dei Piccoli Alberghi di Qualità di Rimini che nel 2002 ha ottenuto la Certificazione ISO 9001:2000 rilasciato dal CSI-CERT.




domenica 28 ottobre 2012

Il Senato vuole chiudere Internet


Tutte le “testate giornalistiche diffuse per via telematica”, definizione tanto ambigua da abbracciare l’intero universo dell’informazione online o nessuno dei prodotti editoriali telematici, saranno obbligate a procedere alla pubblicazione delle rettifiche ricevute da chi assuma di essere stato ingiustamente offeso o che i fatti narrati sul suo conto non siano veritieri.

In caso di mancata pubblicazione della rettifica entro quarantotto ore, si incapperà in una sanzione pecuniaria elevata fino a 25 mila euro ma, prima di allora, si correrà il rischio di essere ripetutamente trascinati in Tribunale ingolfando inutilmente la giustizia e facendo lievitare i costi per difendere il proprio diritto a fare libera informazione.
Proprio mentre la Cassazione prova a mettere un punto all’annosa questione dell’applicabilità della vecchia legge sulla stampa all’informazione online, escludendola, il Senato, la riapre stabilendo esattamente il contrario: la legge scritta dai padri costituenti per stampati e manifesti murari si applica anche ad Internet.

Ce ne sarebbe abbastanza per definire anacronistica e liberticida la disposizione appena approvata dalla Commissione Giustizia del Senato ma non basta.
La portata censorea di questa norma è nulla rispetto a quella di un’altra disposizione contenuta nello stesso provvedimento appena licenziato dal Senato: l’art. 3, infatti, stabilisce che “fermo restando il diritto di ottenere la rettifica o l’aggiornamento delle informazioni contenute nell’articolo ritenuto lesivo dei propri diritti, l’interessato può chiedere ai siti internet e ai motori di ricerca l’eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione della presente legge”.
E’ una delle disposizioni di legge più ambigue ed insidiose contro la Rete che abbia sin qui visto la luce perché è scritta male e può significare tutto o niente.
Una previsione inutile se la si leggesse nel senso che chiunque può chiedere ciò che vuole a chi vuole, senza, tuttavia, che il destinatario della richiesta sia tenuto ad accoglierla.
Una previsione liberticida se, invece – come appare verosimile – finirà con l’essere interpretata, specie da blogger e non addetti alle cose del diritto, nel senso che, a fronte della richiesta, sussiste unobbligo di rimozione.
In questo caso, infatti, assisteremo ad una progressiva cancellazione dell’informazione libera e scomoda online, giacché, pur di sottrarsi alle conseguenze della violazione della norma o, almeno, non trovarsi trascinati in tribunale, blogger, gestori di forum di discussione, piccoli editori e motori di ricerca, finiranno con l’assecondare ogni richiesta di rimozione.
Sarebbe la fine della Rete che conosciamo e la definitiva prevaricazione della voce del più forte sul più debole: uno strillo, anzi una mail, e per paura di finire davanti ad un giudice, in tanti rimuoverebbero post e contenuti perfettamente leciti.
Esattamente il contrario di ciò di cui avremmo un disperato bisogno in un Paese come il nostro che vive, da anni, il problema della mancanza di informazione libera: una norma che punisca chiunque provi a censurare, imbavagliare o mettere a tacere un blogger o chiunque faccia informazione.
Domani il testo approda all’assemblea di Palazzo Madama (Atto Senato n° 3941) per la discussione ed il voto definitivo: ci sono meno di 24 ore per salvare quell’informazione online che, ovunque nel mondo, sta dando prova di rappresentare la più efficace alleata di ogni società democratica contro i soprusi e le angherie di ogni regime palese od occulto.


Fonte FQ di Guido Scorza

P.S.: ... e Wikipedia

sabato 27 ottobre 2012

Turismo: I piccoli (alberghi) sono in mutande ... se poi sono locati in prossimità degli alberghi delle grandi catene alberghiere ...



Si sa che le Banche pensano in grande, pensano all’Italia, pensano al futuro e agiscono di conseguenza.
Ma forse è meglio togliere il “pensano all’Italia” lasciando tutto il resto, poiché più probabilmente, pensano a se stesse.
Chiaro che sia così, ci mancherebbe anche d’altro … e chi non lo fa?

Ma ora, brevemente, giusto per dare un senso a queste parole, spiego l’andazzo.

Circa due anni e mezzo fa arrivò la notizia che BIIS (Banca Intesa più Infrastrutture controllata da Intesa San Paolo) con a capo Corrado Passera (l’odierno ministro delle Attività produttive), decisero di “buttare” sul mercato turistico italiano 150 miliardi di euro.
Subito dopo o poco prima, anche Unicredit (nel cda c’era Piero Gnudi, l’attuale ministro del turismo) decise che questo settore poteva essere una buona risorsa di mercato per il futuro e anche loro ci “buttano” parecchie palanche.

Comunque e "forse" Banca Intesa San Paolo, Unicredit e bla bla bla, puntavano a una rapida industrializzazione del nostro prodotto turistico attraverso una regolarizzazione del settore, con NH Hoteles (Banco Santander?) in primis.

Ma chi è NH Hoteles?
Pochi anni fa la Jolly Hotels di proprietà della famiglia Zanuso/Marzotto, fu scalata in Borsa da una cordata formata dal Gruppo bancario Intesa San Paolo, uno dei maggiori in Italia, e dalla spagnola NH Hoteles, che li ha incorporati nel proprio portafoglio assieme ai Framon Hotels, catena alberghiera di origine siciliana, fondata dalla famiglia Franza proprietaria dei prestigiosi alberghi in Sicilia, Firenze, Roma, Milano e Venezia.

NH Hoteles allo stato attuale risulta la maggiore compagnia alberghiera in Italia con oltre 50 alberghi e 8000 camere, mentre nel mondo, gestisce 349 alberghi con più di 52.793 camere in 22 Paesi di Europa, America e Africa.
Quindi una catena alberghiera con dimensioni industriali, vale a dire con decine di centinaia di alberghi segmentati dal low cost al lusso, e che dovrebbe favorire l’abbattimento dei costi e quindi anche dei prezzi.
In poche parole qui su Tutto sbagliato tutto da rifare s’è arduamente pensato che presto sarebbe avvenuta una sostanziale riduzione della presenza degli albergatori privati a vantaggio delle catene alberghiere.
Diciamo un po’ come è accaduto nell’industria manifatturiera tradizionale, va.

Però per l’attuazione del loro programma sarebbe necessariamente servita qualche Legge adatta allo scopo, sennò mica lo si può decidere così per i fatti suoi, né!
E allora ecco che Piero Gnudi incarica la Boston Consulting Group di dirci come dobbiamo fare per migliorare il turismo nazionale.
Da notare che questi incarichi alle grandi multinazionali di consulenza di management si stanno sprecando ultimamente, come a dire che qui, chi lavora in questo settore istituzionalmente, associativamente eccetera eccetera, non ci capisce una cippa, e detto nonostante tutti abbiano a suo tempo imparato da noi … vabbè, prendiamolo per vero.

Infatti non molto tempo fa anche Confindustria incaricò la pari grado (?) PricewaterhouseCooper,
che alla fin fine sentenziò, dopo meticoloso e attento studio, ciò che su questo blog avevamo ancora una volta predetto con esagerata facilità in cinque punti chiave, che poi si dimostrarono proprio precisi ai loro.
Semplice, che i 34.000 alberghi italiani sono un po’ troppi e che quindi bisogna “rottamare” quelli troppo vecchi e troppo piccoli!

Come a dire che se chiudono quelli vecchi e piccoli, ecco che quelli delle grandi catene alberghiere lavorano di più … e non ci voleva mica una zingara per poterlo capire, né!
In poche parole e riassumendo … le Banche impegnano miliardi a palate nel settore alberghiero e si comprano delle catene alberghiere, mentre dopo un po’ esce una specie di Legge che dice che gli alberghi piccoli ce l’hanno nel paiolo.
Ma guarda un po’ e che combinazione!

… e dopo due anni e un tocco dalle prime avvisaglie, anche i capi delle associazioni cominciano ad accorgersi che qualcosa non va e perciò gridano allo scandalo.

Accorgersene prima, neanche a parlarne, vero?
E se non se ne sono accorti … che ci stanno a fare a presiedere quelle associazioni a tutela del settore e della piccola e media impresa turistica?

Ma della loro “bravura” ed eventuale veggenza, vi parlerò la prossima volta, perché la cosa mica la finisco qui.
Ma vi racconterò anche come risolvere il fastidioso problema ... qui non si dorme come probabilmente dall'altre parti. 




venerdì 26 ottobre 2012

Turismo: Il perché della rottamazione degli alberghi ... il come e il chissà chi lo farà?


Un mio vecchio post di giugno 2010, trattava di BIIS, Banca Intesa e Infrastrutture controllata da Intesa San Paolo che valutava in 150 miliardi di euro l’investimento che dovrebbe cambiare il nostro settore turistico nei prossimi 5 anni; e allora mi balenò una supposizione che poi vedremo di seguito nel post.

Al tempo, a capo di Intesa, c’era l’attuale ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, mentre Piero Gnudi, il ministro del turismo, era nel cda di Unicredit.

Perché dico questo?
Semplice semplice, anche Unicredit, e chissà se c’entra anche il Banco Santander spagnolo (ma credo proprio di si), stavano praticamente iniziando ad impegnare dei grossissimi capitali in questo settore … miliardi a palate.

La supposizione che mi balenò all’improvviso fu che: “ … ma vuoi vedere che i 34.000 alberghi italiani si assottiglieranno per far posto ai nuovi arrivati?”.
Ed ebbi l’ardire di darne le possibili modalità che avrebbero potuto adottare per raggiungere lo scopo, accennando anche al fatto che sia i sindacati che le Camere di Commercio e bla bla bla, non ne avrebbero di certo opposto il veto.

I sindacati perché nel qual caso avrebbero di certo molti più associati e potrebbero rientrare a dettar legge anche in quegli ambienti dove tuttora non hanno ancora dimora, e vale a dire nelle piccole imprese alberghiere, mentre le Camere di Commercio … vabbè, fate un po’ voi.

Il primo a parlare di rottamazione alberghiera, se non ricordo male, fu il Bernabò Bocca nel settembre scorso, a conferma che da li in poi qualcosa avrebbe di sicuro fatto seguito.
Infatti non passa giorno che qualcuno non accenni alla cosa, fino all'oggi dove …

… Gnudi: “Rottamare gli alberghi troppo piccoli e vecchi”.

Fra i punti principali del nuovo Piano che dovrà traghettare il turismo italiano verso il 2020, c’è la riforma dell’Enit che, oltre a divenire una Spa dovrà puntare sulla commercializzazione, più che sulla promozione; rottamazione degli alberghi “perché 34mila sono troppi, troppo vecchi e troppo piccoli”, ha detto il ministro; armonizzazione della tassa di soggiorno che diventerà una tassa di scopo da applicare in tutta l’Italia.

Il Piano, in 7 linee di intervento e 50 azioni, indica la strada per fare si che nel 2020 arrivi a creare 500mila posti di lavoro, il che significa 30 miliardi di euro di contributo al Pil nazionale.
Il piano entro metà novembre passerà all’esame del Consiglio dei Ministri.
Per quanto riguarda l’Enit, il ministro ha usato parole morbide: “ Un Enit riformato e potenziato è uno degli architravi del Piano Strategico”.

Secondo quanto riportato da fonti di stampa, gli esperti della Boston Consulting Group hanno evidenziato come bacino del Mediterraneo la crescita del turismo è stata pari al 7,7% tra il 2000 e il 2010, e le previsioni dicono che crescerà nei prossimi anni del 4,8%.
L’Italia invece è cresciuta solo del 2% nel medesimo decennio.

Comunque a parte queste considerazioni e percentuali, è evidente che quei 150 mld di Intesa più quegli altri dell’Unicredit e Santander abbiano trovato uno … diciamo “sfogo” va.
O no?

Quindi a questi punti è chiaro che sia necessario organizzare immediatamente una certa qual cosa, anche se con due anni di ritardo.

Che cosa?
Ora, dato che su queste pagine ci viene anche della gente “furbastra” che si copincolla le idee e poi se le “vende” per farci la sua bella e sporca figura nonché qualcosa d’altro, s’è deciso che chi eventualmente vuole sapere la soluzione migliore (credo) per risolvere l’ardua questione (è da più di due anni che ci stiamo pensando), non ha altro che da richiederla e gli sarà data.




giovedì 25 ottobre 2012

Turismo a Genova: pochi turisti ma tanti "paduli"


Meno 4 per cento nel 2012 di presenze turistiche a Genova, ma Carla Sibilla, l’assessore al turismo, ha detto che il nuovo anno porterà la trasformazione che tutti quanti stiamo già aspettando.

Forse sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno, mentre noi poveri “Cristi” scenderemo finalmente dalla croce e gli uccelli, quelli che volano più bassi, ci faranno ritorno.

Poi se per caso, senza grandi disturbi, qualcuno di voi vuole sparire, vi prego di non farlo, anche perché c’è una grossa novità.
Si vabbé, l’anno vecchio è quasi finito ed è andato come è andato, mentre c’è ancora molto che probabilmente qui non va, però Lei (Carla Sibilla) s’incontrerà con i “capi” cittadini e regionali del turismo e tutto si risolverà … dice!

E staranno a parlare per intere settimane, e a quelli che tra loro non hanno niente da dire, del tempo ne rimarrà per poi ricuperare e raccontarcene altre alle prossime volte.
E dopo, quando avranno finito (se ce la faranno a capirci qualcosa o a studiarsene dell’altre), ci sarà da mangiare per tutto l’anno, mentre anche i muti potranno parlare visto che i sordi (chillillà) già lo fanno.
Quindi, più che vedi, vedi e vedi, caro amico, ascoltala e non preoccuparti affatto.

La Carla Sibilla dice che il turismo a Genova è aumentato continuamente dal 2004 fino all’anno scorso, mentre la Banca d’Italia dice che non è vero, anzi, s’è perso sempre di più, e saranno forse i troppo furbi o i cretini di ogni età a crederci?






E alla fin fine è per questo che sono proprio contento d’essere ritornato a Genova in questo momento, e che post mi tocca ad inventare per poterci ridere sopra e per continuare a sperare.
Mentre l’anno che sta arrivando, tra un anno passerà (ma va?) e io mi sto già preparando alle loro prossime novità.

Forse daranno la colpa dei pochi turisti al tempo, al vento o all’umidità che ci sta colpendo; oppure ai parassiti delle piante o chissà di quali altri parassiti fiateranno; per non parlare poi dei pesci, che non trovando abbastanza da mangiare, stanno perdendo tutti i denti, e di dentisti non è che ce ne siano poi molti per tutti quanti.

Mah?

P. S.: Se poi perdere il 4% vuol dire "reggere" ... forse che intenda gli "zebedei" che oramai toccano per terra e che ce li stiamo calpestando da soli?





mercoledì 24 ottobre 2012

L'ultimo anno che in Liguria il turismo non va come dovrebbe e potrebbe è il 2012, poi ...


Beh, di primo acchito le presenze turistiche del turismo ligure sembrerebbero il valzer del gambero zoppo: un passo avanti e due indietro, ma così non è, e mo vi spiego per bene (spero) il perché.

Occhio però, perché rimodellare il turismo di questa Regione (Liguria) non è per niente facile.
Qui non si parla, ahinoi, del turismo della Toscana, dell’Emilia Romagna, del Veneto o via dicendo, e intendo quei luoghi dove già esisteva ed esiste uno storico di cose ben fatte, e dove il continuarne l’andazzo non è una cosa poi così ardua ed impossibile a farsi.

Qui si parla della Liguria, e vale a dire una Regione dove il settore è stato gestito da gente che questo spicchio magari lo insegna (si, ma a parole) o ne descrive, a tutto andare, il come si fa (si, ma in teoria), ma che di basi per la futura produttività ne ha dato come la tabellina dello zero moltiplicato per qualsiasi numero che vi venga in mente.
E che fa sempre ZERO … ad oltranza, periodico e naturalmente anche perenne.

Quindi scavare il … si può dire il “marcio” (?), che qui ci stanzia dal tempo che fu, è di certo stato (e ancora lo è) di una problematicità senza pari e manco i dispari.
Una cosa è la teoria … altro, poche balle, è la pratica!
Comunque sia, il cercare di far del buon turismo qui in Liguria è come avere un campo coltivato a gramigna o alle peggiori erbacce che esistono nel Creato, e cercare poi di seminarci dei prodotti da poter mangiare in sufficiente quantità.
Sai che raccolto di ….., vabbè avete capito!
Per adesso sembra che il nuovo assessore al turismo (Angelo Berlangieri), con gran fatica per via degli insetticidi che non fanno grandissima presa e a cui i “parassiti” oramai ci si sono abituati, ci stia riuscendo, ma …
… ma il turismo è in calo in Liguria nel 2012, e dicono meno del previsto.

L'estate 2012 si chiude con una perdita per le imprese ricettive liguri, ma inferiore ai timori di inizio stagione. 
I dati ufficiali sul movimento turistico complessivo nei mesi estivi in Liguria hanno registrato un calo delle presenze (giugno -9,61% e luglio -1,57%).

Anche il dato di occupazione camere del mese di agosto (-4%) evidenzia la flessione significativa denunciata dagli operatori del settore, in particolare per quanto riguarda gli italiani.

Più positivo il dato relativo agli stranieri, per cui la Liguria continua a rappresentare una meta privilegiata; purtroppo però questa tendenza non riesce a compensare la diminuzione di italiani.

Tra le aree prodotto, sono state le città a risentire in misura maggiore della crisi di questi ultimi mesi.
La ridotta capacità di spesa dei turisti si riflette in un calo complessivo del fatturato: per il comparto dell'hôtellerie in agosto è stato pari al -3,8%. 
Gli hotel 4 e 5 stelle hanno ridotto i prezzi applicati del -5,1%, riallineandosi alle tariffe del 2010.

Segno negativo anche per quanto riguarda le prenotazioni: per il trimestre ottobre-dicembre sono più contenute di quelle rilevate lo scorso anno: appena il 16,1% delle camere disponibili nelle strutture ricettive in ottobre e il 7,7% in novembre, mentre è ancora presto per le vacanze programmate di fine anno.
Le prenotazioni più elevate si rilevano nel comparto alberghiero per gli hotel 4 e 5 stelle (28,6% ottobre e 15,6% novembre) e per l'extralberghiero nelle case e appartamenti per vacanza in ottobre (30,3% in ottobre) e nei B&B per novembre (35,8%).
In definitiva e a conti fatti (intendo quelli miei che probabilmente non servono ad una benemerita cippa), questo dovrebbe essere l’ultimo anno col segno meno, poi si vedrà, sempre che ci diano una botta.
Anche perché dopo l’abbrivio frenetico, sembra che stiano un po’ dormendo da quelli parti là … là in Regione, né!




martedì 23 ottobre 2012

Turismo: Riforma del Titolo V si o riforma del Titolo V no


È contrario alla riforma del Titolo V della Costituzione, che riporterebbe il turismo sotto l’egida dello Stato, il presidente dell’Enit Pier Luigi Celli: “Ci sono cose più urgenti da fare che non discutere di assetti istituzionali, perderemmo solo tempo quando invece la priorità è operare” ha detto giovedì scorso in apertura di TTG Incontri, la fiera B2B del turismo che si è chiusa sabato a Rimini.

Il ddl approvato dal Governo Monti una decina di giorni fa, che inizia ora il proprio iter di vaglio parlamentare, riscrive le disposizioni che nel 2001, con la prima modifica del Titolo V,avevano dato alle Regioni competenza di legiferare in diverse materie, fra cui il turismo. La riforma proposta riporta ora il turismo allo status di materia di competenza concorrente, su cui lo Stato si riprende la facoltà di dettare le linee guida a livello nazionale e lascia alle Regioni la possibilità di legiferare entro le linee stabilite.

“L’Enit deve recuperare credibilità e porsi al centro delle strategie regionali per lo sviluppo e la promozione del turismo, sapendo che occorre presentarsi sui mercati internazionali con il brand unitario Italia, sotto il cui ombrello devono rientrare i progetti di tutti” ha detto Celli. “Collaboreremo quindi con le Regioni, facendo da collante, pur con le poche risorse che il Governo ha messo a disposizione. Con i 18 milioni che abbiamo lavoreremo per promuovere i prodotti che hanno appeal, cercando di migliorare la nostra reputazione sui mercati internazionali”.

L’affondo di Celli al ddl di riforma del Titolo V condivide nel merito quello di Maurizio Melucci, assessore al turismo della Regione Emilia Romagna, che pochi minuti prima era intervenuto al convegno di apertura di TTG Incontri dichiarando che “se nel turismo l’Italia ha perso quote di mercato non è certo per colpa delle Regioni ma perché sono mancati una politica per il turismo e un piano strategico nazionale”. “Vediamo ora quante risorse il Governo metterà sul piatto per il Piano strategico del turismo che dovrebbe essere definito entro l’anno” ha detto Melucci. “I problemi dell’Italia” ha concluso “non si risolvono con il centralismo, ma con le reti di istituzioni e di imprese”.

Favorevoli alla riforma, invece, le associazioni di categoria, che all’indomani dell’approvazione del ddl si sono espresse positivamente: Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, ha salutato positivamente la modifica “perché ristabilisce le condizioni per sviluppare politiche di sistema”; Renzo Iorio, presidente di Federturismo, l’ha giudicata “un passo importante per il recupero di competitività e attrattività della destinazione Italia e ci auguriamo che consenta una più razionale ed efficace azione pubblica di utilizzo delle risorse”.

In linea con i “colleghi” delle associazioni anche Paolo Zona, presidente di Federcongressi&eventi, che però si esprime con riserva: “Sì alla riforma del Titolo V, peròsono d’accordo con Celli sul fatto che non sia un’operazione prioritaria: l’attuale architettura istituzionale già consente di promuovere il brand nazionale e di sviluppare politiche coordinate a livello nazionale ma declinate secondo le specificità regionali”.



lunedì 22 ottobre 2012

Turismo: 30 miliardi di euro in 10 anni


Piano del ministro Gnudi: governance più accentrata e riforma dell’Enit.

Cinquanta azioni concrete, dal riassetto della governance a una nuova offerta ricettiva, possono rimetterci in carreggiata nella competizione internazionale sul turismo.

Piero Gnudi, ministro per gli Affari regionali, il turismo e lo sport, ha appena incontrato le Regioni per presentare il Piano strategico, già illustrato nei gironi scorsi al premier Mario Monti.
“Speriamo ora di procedere rapidamente, con l’adozione da parte del consiglio dei ministri entro l’anno, poi a gennaio consulteremo tutti gli stakeholder nell’ambito della Conferenza nazionale del turismo e potremo eventualmente recepire nuove osservazioni".

L’obiettivo del piano è incrementare l’impatto del turismo sul Pil reale dai 134 miliardi del 2010 a 164 mld nel 2020, con un contributo aggiuntivo di 500mila posti di lavoro.

Trenta mld in più di Pil in 10 anni: numeri impegnativi, soprattutto in un contesto di crisi.
“Crediamo sia una stima realistica, che ipotizza il turismo domestico costante e punta a crescere nel turismo internazionale portando la quota di mercato nel nostro bacino di competizione.
Europa occidentale e Mediterraneo, dall’11 al 13/14%”.

Dal 2000 al 2010 la crescita dell’Italia nel turismo internazionale è stata inferiore al 2% rispetto al 7,7% del bacino di riferimento.
“Il nostro obiettivo è far crescere il turismo, sia nella componente internazionale che domestica del 2,2% in media l’anno fino al 2020, con un focus molto forte sui Paesi Bric e in generale sui turisti stranieri a più alta marginalità”.

Ma come prendere quota nelle graduatorie?
Il Piano elaborato con i consulenti di Boston Consulting propone 50 azioni, dalla “rottamazione” degli alberghi a una tassa di scopo nazionale: un mix da attuare non con un unico provvedimento ma con singole iniziative, norme o atti amministrativi da inserire in diversi “veicoli”.
Il problema tuttavia è rappresentato dai tempi sempre più stretti della legislatura e dalla difficoltà di trasformare la teoria in proposte attuate.
“Ne sono consapevole – dice Gnudi – ma so che è stato fatto un buon lavoro, spero che sarà tenuto conto da chi subentrerà e dovrà implementarlo. Comunque sono fiducioso perché il Piano ha riscosso l’appoggio convinto di tutte le Regioni e questo sarà di grande aiuto per dare continuità”.

Gnudi mette in evidenza le priorità, a partire dalla formazione, e da una governance e un’offerta più organizzata e sinergica, soprattutto non più frammentata.
“Oggi abbiamo la promozione delle singole Regioni ma non quella del Paese, con paradossi come singole province che campeggiano sui grandi cartelloni pubblicitari in una piazza come Shanghai. Il risultato, quando ci presentiamo ad alcuni grandi mercati, è insoddisfacente perché non promuoviamo il marchio Italia, peraltro dotato di un fortissimo appeal”.

Insomma secondo Gnudi è più che mai opportuno quanto previsto dal ddl di riforma del Titolo V della Costituzione che trasforma la legislazione sul turismo da esclusiva delle Regioni a concorrente.
L’attuale governance, a leggere il Piano, non ha portato a grandi risultati se è vero che 30 anni fa l’Italia era il primo Paese in Europa per turismo inbound (in arrivo) sulla spesa globale dei viaggiatori internazionali, e oggi siamo solo alle spalle di Spagna e Francia.
Maggiore sinergia vuol dire anche riforma dell’Enit, che potrebbe trasformarsi in una società per azioni ma di certo avrà un ruolo sempre più commerciale e un maggiore orientamento al canale online.

“Non può limitarsi all’attività di promozione all’estero ma deve essere una struttura che opera anche al servizio delle Regioni per aiutarle a progettare nuovi prodotti”.
Dall’Enit al Mezzogiorno il passo è breve, perché molto lavoro andrà svolto per valorizzare proprio le regioni meridionali.
“Per troppo tempo – osserva Gnudi – si è pensato che lo sviluppo del Sud passasse solo per l’industria, costruendo cattedrali nel deserto. Oggi paghiamo il conto: solo il 13% del turismo internazionale raggiunge il Mezzogiorno e negli ultimi 10 anni le cinque grandi Regioni meridionali hanno inciso solo per il 12% del totale delle notti di stranieri e il 5% della crescita”.

Di qui l’idea di lanciare due nuovi grandi poli turistici sul modello di quanto realizzato negli anni 60 con la Costa Smeralda.
“C’è un concreto interesse da parte dei fondi sovrani esteri ad investire nel nostro turismo, com’è anche stato testimoniato da recenti importanti acquisizioni”.
Tra le azioni individuate dal Piano 25 sono finalizzate al miglioramento dell’offerta, da quella infrastrutturale (“a medio termine servirà senz’altro un ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino”) a quella ricettiva.

“Abbiamo diverse idee, a partire dalla “rottamazione” degli alberghi, un piano per favorire il rinnovamento delle strutture attraverso la concessione di benefici di tipo urbanistico”.
Più difficile parlare di agevolazioni fiscali perché, anche nel caso del turismo, la crescita, almeno per ora, va fatta a costo zero o comunque con risorse limitate.
Un aiuto di certo, se andrà in porto, potrà arrivare dalla tassa di scopo che dovrebbe andare a sostituire, uniformandole, le varie tasse di soggiorno spuntate in giro per l’Italia.
Per il resto s’impone prudenza.
“Con questo Piano - precisa Gnudi – non chiediamo nell’immediato ingenti risorse. L’obiettivo principale che ci poniamo è che il turismo rimanga al centro dell’agenda di questo governo e di quelli che verranno, affinché sia una delle leve essenziali per far riprendere al Paese la strada dello sviluppo”.




P. S.: Ma se sono mille anni (quasi) che stiamo dicendo le medesime cose ... a parte la "rottamazione" degli alberghi che ancora non si capisce il che cosa voglia dire (ma si intuisce, né).
E ci voleva il fior fiore della consulenza mondiale per dire le medesime cose? 

domenica 21 ottobre 2012

Emilia Romagna: Land with a soul, people with a smile ... e questi?










sabato 20 ottobre 2012

Turismo: Il Pulcino Pio


Capisco il fatto che quello finora dimostrato dal nuovo Governo dei tecnici non è che sia stato poi così svolto bene in ambito turistico (ved. nautica) (ved. Bolkestein), e vedi pure un po’ tutto quello che volete che tanto finora l’è andata proprio da “panico totale”.
Mentre non capisco per niente che alle tante belle parole non seguano mai dei fatti ... come alla brambillesca modaiola del tempo che per fortuna fu.

Ma soprattutto non intendo il perché non dobbiamo far altro che augurarci che non facciano dell’altre sciocchezze, infatti ...

Il governo Monti si riprende le competenze degli enti locali e riscrive il federalismo: così energia, infrastrutture (ovvero porti, aeroporti, strade e autostrade) e turismo dovrebbero tornare di competenza dello Stato centrale.
Questa una delle novità introdotte da palazzo Chigi nella nuova riforma del titolo V, al primo vaglio del Consiglio dei ministri e che poi dovrà ricevere il via libera dal Parlamento.

Nessuna modifica al Titolo V legata a una governance nazionale del turismo: per il presidente dell’Enit, Pier Luigi Celli, intervenuto all’apertura del TTG incontri di Rimini, non è il momento di compiere queste operazioni, semplicemente perché sono inutili.

Beh, mettersi d’accordo un po’ prima no?
Ma esaminiamo meglio la situazione!

Mario Monti vuole prendersi l’energia, le infrastrutture e il turismo, e fino a qua ci siamo.
Lasciamo fuori, per un momento dalla discussione, l’energia, anche perché non me ne capisco poi molto e non ultimo il fatto che nel turismo c’entra sicuramente meno delle infrastrutture, quindi …
… quindi il presidente dell’Enit, Pier Luigi Celli, annunciando l’accordo tra il suo ente con l’Ice, è andato anche oltre con una diretta frecciatina rivolta al ministro Passera, che risulterebbe troppo, molto e tanto impegnato ad accorpare, o quantomeno ipotizzare, annessioni di vari settori, magari arrivando a immaginarne una concentrazione nel ministero degli Affari Esteri.

Ice, Enit, Affari Esteri … mah?

Ebbene, sempre secondo il Celli, sulla questione si dice pronto al dibattito, purché non ci siano altri scopi o fini (ma no, dai, cosa vai a pensare, su!), non crede che un simile approccio possa generare un percorso virtuoso, e soprattutto ritiene più produttivo e meglio che il ministro pensasse di più al rilancio delle infrastrutture come porti, aeroporti e reti stradali che sono appunto gli anelli deboli per l’attrattività del turismo italiano.
Cosa di cui, qui su Tutto Sbagliato … siamo più che d’accordo … ma questo (la nostra miserrima opinione) c’entra ben poco.
Il Celli poi sostiene che entro l’anno sarà pronto il Piano Strategico realizzato in unione con le Regioni e occorrerà trovare anche delle risorse.
Sostenendo poi che i 18 milioni a disposizione sono appena sufficienti per la gestione della struttura: 14 milioni di euro!

In poche parole non ci sono palanche per programmare un buon piano di marketing e la prima mossa del Celli, qualche giorno fa, è stata quella che le Regioni non pagheranno più i servizi offerti dall’ENIT per la promozione all’estero dei territori regionali.
E alle Imprese turistiche aderenti al Club Italia sarà offerta l’opportunità di usufruire di una riduzione del 50% sul costo complessivo dei servizi richiesti.

Si vabbé, sono anche d'accordo (sono anni che lo sostengo), ma in questo caso ce ne saranno ancora meno di palanche, ovvio no?
Pertanto … qualcuno mi vuole spiegare che cippa di discorso è?

Però e in poche parole …
Il Titolo V rimane com’è, e le responsabilità bla bla bla rimangono alle Regioni, mentre le palanche per il marketing all’estero e non, prendono (in gran parte) la strada dell’Enit?
Quelle dei privati o forse l’accordo tra l’Ice, l’Enit e la Rai?

Giusto?
C’ho visto bene o devo cambiare gli occhiali?

In altre parole, Celli sta lavorando al Piano Strategico insieme alle Regioni, nella consapevolezza che la forza è nel brand Italia e che comunque l’offerta del nostro Paese è composta da prodotti che sono e dovrebbero restare regionali (si spera ma già si sapeva).
E che bisogna avere la ragionevolezza di operare in pieno coordinamento con Regioni e le imprese (toh, chi si rivede) … e la Rai un’impresa lo è?
O per impresa s’intende che l’è un “impresa” capire il dove vogliano andare a parare …

… certo che capirli non è per niente facile, né?
… e quando non è facile, va sempre a finire che fanno dei pasticci, e il Pulcino Pio ci va a finire sempre li.
Sarà anche piccolo il Pulcino Pio, ma personalmente non mi piace per niente … poi con quel becco che lo mette da tutte le parti …

Help, help me … please!
Di cose facili e semplici mai, vero?



venerdì 19 ottobre 2012

Direttori d'albergo SI e Direttori d'albergo NO


Bene, sono arrivato alla fine di questa pazzesca e paziente ricerca (non vedevo l'ora) e c’ho dato come un matto girando quasi da tutte le parti, anche perché non volevo fidarmi di soli e semplici primordiali “aromi”.
A volte s’intende una cosa … ma sovente capita che la realtà sia ben diversa e quell’aroma si tramuti in “lezzo”.

Circa due anni di continue ricerche nonché meticolose all’inverosimile che per rendere ancor più veritiere m’hanno quasi obbligato ad affidarmi (piacevolmente poiché li c'ho conosciuto alcuni colleghi anche molto validi) anche al web (importanti gruppi alberghieri di facebook), per poter entrare dal vivo in questo mondo così variopinto.
Al termine dei quali sono arrivato al dunque che il settore alberghiero italiano non mi piace proprio per niente.

Ad onor del vero ho sperato fin quasi alla fine di poter fare almeno una “pari e patta” tra quelli che il settore alberghiero lo sanno fare (veramente) e quelli che invero (per me) non hanno ancora capito che prima lo si deve imparare, amare e poi impararlo nuovamente … ma non m’illudevo.
E sia ben chiaro che non esistono dei cattivi collaboratori ma pessimi capi; quindi i direttori d’albergo.
Senza però dimenticare che sopra di questi (i direttori d’hotel) c’è la proprietà e che quindi sono ancora più “capoccioni dei capi” e talvolta anche “molto più assai tanto”, pessimi.

Si, vabbé, adesso forse arriveranno duemila mail di commenti da pseudo grandi saccenti che mi scriveranno “ma che stai a dì?”, oppure il perentorio e auto gratificante “noi siamo i migliori del mondo e ben conosciamo il rapporto tra qualità e prezzo!” con il contorno dell’onnipresente da loro spesso usato “ … e tu che razzo ne sai!”.
E l’ultima di queste approderà da quelli più educati (per modo di dire, né) e quindi da quei male informati che nel settore non mancano certo.

Ebbene, non me ne si voglia, ma per dirla a brevi parole, nell’eventualità che questo possa accadere, ai potenziali futuri contestatori mi venga solo concesso il personale “e chi se ne frega” di ciò che potranno dire.
Restando ben fermo sul fatto che il livello qualitativo (opinione strettamente personale) della proprietà, dei direttori, dei capi servizio e bla bla bla, è alquanto modesto, e fors’anche un qual cosina di più.
Anzi, di meno.

Naturalmente da questi, poco si discostano i “grandi” presidenti delle associazioni preposte al caso, anche perché si presume che loro stessi ne facciano direttamente parte.
E così pure chi questo settore lo amministra da “accaregato” (seduto su comode poltrone), istituzionalmente parlando o da proprietario.

Le istituzioni?
Velo pietoso con poche eccezioni a parte.

Le proprietà?
Velo pietoso con poche eccezioni a parte.

Comunque sia, quello che ho visto, letto ed esaminato con certosina cura, è disastroso e con ben poche eccezioni a parte.
Direttori, Capi o presunti tali, magari forniti d’attestati in gran quantità, lauree a gogò e Master a “popò”, alla moda che in teoria non c’è differenza tra questa e la pratica, in pratica invece ce n’è; eccome se c’è.
Un continuo “tirare avanti” e un “io speriamo che me la cavo”, senza dimenticare il loro perentorio, nel qual caso le cose non vadano per il verso giusto, è colpa d’altri o chissà di quant’altro.

Qualche esempio?
Li stessi che sapete anche voi, e per voi intendo quelli che conoscono questo mestiere e non certo gli altri con cui ci vorrebbero degli anni, se non ci sei a stretto contatto, per spiegarli tutti.

La soluzione?
Ovvio che criticare sia facile facile, e che quindi chi lo fa (come chi scrive su questo blog) debba per prima cosa trovare la soluzione … che infatti c’è.

Chiedere è lecito, rispondere è cortesia … e noi siamo cortesi con chi lo è.







mercoledì 17 ottobre 2012

Turismo: Benvenuti alla realtà !


La situazione si mette sempre più male.

Per quanto riguarda il turismo, negli esercizi alberghieri ed extralberghieri del Comune di Genova nel corso del primo semestre del 2012, rispetto al primo semestre del 2011, si è avuta una diminuzione sia degli arrivi (-4,6%), sia delle presenze (-4,8%). La componente straniera risulta in lieve aumento sugli arrivi (+1,0%) e in lieve diminuzione sulle presenze (-0,4%).

E se pensiamo che questo avviene dopo lunghi e quasi ininterrotti anni di perdite, è come essere a cavallo di un mulo nella gara ippica dell’Arc De Triomphe parigina.

Però i dati e le statistiche della Banca d’Italia non la dicono proprio così in riferimento alle presenze estere (pernottamenti) nella Provincia di Genova.
Infatti qui sono elencati in buon miglioramento rispetto all’anno precedente (ved. schema sotto).

Che quasi quasi viene da chiedersi il perché, ogni qualvolta che cambia la giunta comunale e quindi l’assessore al turismo locale, i dati del predecessore vengono riportati sempre in “passivo” per poi aumentare sconsideratamente nel quinquennio successivo a loro comodo e gran piacere.

Comunque sia la storia non è granché allegra neanche sotto l’aspetto regionale, e il buon Angelo Berlangieri (assessore regionale al turismo e alla cultura) non me ne voglia e non ne abbia a male, ma in questo blog siamo fatti così.
Anche perché vorremmo capirne una volta per tutte l’inspiegabile andazzo.

L’assessore Angelo Berlangieri che al preoccupante calo dei turisti nazionali controbatte e rilancia con quelli stranieri riportando nel segno più, le presenze totali.
Ma allora questi che diamine sono (ved. schema sotto)?


E soprattutto … ma perché uno dice ‘na cosa e l’altro ne dice un’altra?
Che cippa servono tutti questi dati se non sono mai in accordo perfetto?
Dove li prende uno (Istat) e dove li prende quell’altro (Istat)?
Perché non si studiano un qualcosa uguale per tutti e che eviti finalmente agli operatori di non capirci più un “razzo”?

E infine: “Possibile che in Italia non si possano fare delle cose solo lievemente professionali”, e che ne dite se anche un po’ serie?

… poi arriveranno i dati di quell’altri; Federalberghi, Confesercenti, Confindustria e bla bla bla, e non ci si capirà più una benemerita mazza.

E se qualcuno vuole o è in grado di fornirci delle spiegazioni, noi siamo qua ad aspettarle, grazie!



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